mercoledì 31 marzo 2010

I Preraffaeliti e l'incubo

Mi è capitato di visitare la mostra di Ravenna sui Preraffaeliti, un gruppo di pittori inglesi fondato nel 1848 con l'intento di superare le rigide regole classiche e tornare a ispirarsi alla natura, imitando il tratto degli artisti prima di Raffaello. Mi sarei aspettata numerosi quadri di Dante Gabriel Rossetti e, perché no, addirittura l'adorata Ophelia, dipinta da John Everett Millais costringendo la modella a immergersi in una vasca piena d'acqua (cosa per la quale la ragazza si ammalò gravemente e che, forse, la condusse alla prematura morte). Ci può essere qualcosa di più romantico? Non certo i paesaggi italiani di John Ruskin, piatto forte della mostra. Per trovare alcuni ritratti di donna caratterizzati da una folta capigliatura rossa, tipica dell'iconografia preraffaelita, ho dovuto attendere fin quasi la fine, e se non fosse stato per il "Dolce far niente" di William Holman Hunt o i due dipinti di Rossetti, uno raffigurante la moglie Elisabeth, morta suicida dopo aver partorito un figlio morto, e il secondo l'amante Fanny, che non si concedeva solo a lui, la mia visita sarebbe stata un completo insuccesso.
P.S. Il terzo quadro di Rossetti che avrebbe dovuto essere presente alla mostra, "La Ghirlandata" non c'era, o meglio, c'era sotto forma di riproduzione, in quanto la curatrice del museo che avrebbe dovuto prestarlo è deceduta improvvisamente.

sabato 20 marzo 2010

Troppo o niente

Parigi, seconda metà del diciottesimo secolo. Il protagonista de "Il Profumo" di Patrick Suskind è un orfano la cui bruttezza non è l'unica ragione per la quale non riesce a trovare un posto nella turbolenta società di quegli anni: egli è completamente inodore. Il suo corpo non suda e non rilascia effluvi quindi, per istinto, gli altri lo evitano. A seguito di un doloroso periodo d'isolamento auto-inflitto, egli riesce a comprendere l'origine della propria diversità ma, lungi dal voler diventare normale, dedicherà la propria vita alla perfezione, alla ricerca del Profumo Ideale.
Romanzo scritto in modo impeccabile, soprattutto nella parte onirica: per il protagonista i sogni non sono immagini bensì odori. L'ho letto alcuni anni fa, quando ancora non si pensava di utilizzarlo come soggetto di un film, rimanendone affascinata. E' vivido, crudo, indelebile come una "nota di fondo". Adatto a nasi che non temono le essenze estreme. *****
Parigi, oggi. La protagonista di "L'odore del mondo" di Radhika Jha è una diciottenne di origine indiana che vive in Kenia e che, a causa di disordini politici, rimane orfana di padre e viene "abbandonata" dalla madre presso degli zii nella capitale francese. L'incontro con la civiltà occidentale è traumatico e la spinge a lasciare la nuova famiglia per cercare se stessa. Tuttavia l'identità non la si trova facilmente, specie se ci si rifiuta di lavorare e si lascia scadere il permesso di soggiorno (per ben due volte). La vocazione non la si scova buttandosi tra le braccia di uomini sposati o di commercianti senza scrupoli. La bellezza fisica non è un passe-partout e quell'odore insopportabile, di marcio, di morte, che ci afferra quando abbiamo paura di non farcela da sole, con le nostre uniche forze, non è una scusa sufficiente per isolarci dal mondo e abbandonarci all'auto-commiserazione.
La scrittura è fluida ma il tema non è originale, soprattutto se ci si è imbattuti prima in Suskind. **

lunedì 8 marzo 2010

Corrida

La municipalità di Barcellona sta discutendo un disegno di legge sull'abolizione della corrida in Catalogna nonostante l'opposizione di Madrid. Oltre a motivi economici - il turista vi assiste al massimo una volta nella vita più per curiosità che per il piacere di osservare la lenta agonia di un toro di 470 chili almeno - ci sono ragioni sentimentali. La corrida è la Spagna, se non altro uno dei suoi componenti principali. Persino io, contraria all'uccisione rituale di animali (se dite là che la corrida è uno sport vi ammazzano), non ho resistito e ho visitato, in bassa stagione, la "plaza de toros" di Siviglia con annesso museo. In fondo mangio carne. Il dottor Veronesi direbbe che non c'è nessuna differenza tra l'allevare un vitello a furia di ormoni e macellarlo entro l'anno o farne crescere un altro per quattro anni e poi terminare la sua esistenza durante una gloriosa lidia.
Però il trattato di Hemingway sulla corrida non sono riuscita a leggerlo fino in fondo. Troppe ripetizioni. In "Morte nel pomeriggio", l'autore tenta di spiegare le ragioni secolari della corrida a una vecchina che, evidentemente, era sorda come una campana...
Inoltre non capirò mai come sia permesso ai dei bambini di dieci, dodici anni seguire le orme dei padri in quelle che sono delle vere e proprie corride in piccolo (becerradas) durante le quali i matadores in erba rimangono feriti anche in modo grave. L'ultimo episodio è recente. Sarebbe il caso di eliminare queste prima di ragionare su tutto il resto.

martedì 2 marzo 2010

Arthur Phillips, questo sconosciuto

Sebbene non scriva storie impegnate, ma nemmeno trame poliziesche o massoniche di sicuro impatto commerciale, Phillips ha uno stile molto fluido e piacevole. E' apprezzabile il fatto che, dopo il successo strepitoso de L'archeologo, pubblicato in America nel 2004 e tradotto in 40 lingue, l'autore non si sia "incancrenito" (e chi leggerà il suddetto romanzo capirà il perché del verbo) sullo stesso genere.
1) L'archeologo: vita di un giovane inglese, egittologo dilettante, che riesce a convincere il futuro suocero a farsi finanziare una spedizione proprio mentre la stella del professor Carter, dopo un decennio d'infruttuose buche nel deserto, sembra in declino. La storia, scritta in prima persona, è divertente, soprattutto per chi ama l'arte antica, chi sa quanto sia difficile ottenere un finanziamento per la ricerca, chi desideri combinare qualcosa d'importante nella vita anche a costo di minare la propria salute. E' uno dei rari libri che mi piacerebbe rileggere. *****
2) Angelica: storia di una madre vittoriana troppo apprensiva che, di fronte alla minaccia del marito di allontanare l'unica amatissima figlia di soli quattro anni per iniziare la sua educazione scolastica, dà in escandescenze e comincia a vedere spiriti maligni che infestano la casa e attentano all'innocenza della figlioletta. La narrazione si svolge secondo quattro punti di vista ed è molto curata ma forse la trama è, tutto sommato, esile. Il romanzo è più adatto a un pubblico femminile rispetto al precedente. ****
I due lavori sono accomunati dai tentativi dei protagonisti di far combaciare la deludente realtà con le loro illusioni, tentativi che gli altri personaggi considerano folli in quanto vanno contro le leggi che regolano la società. Così sorge una domanda: sono pazzi perché non vedono il mondo alla stessa maniera degli altri o il mondo, contrastando tanto crudelmente la loro felicità, li rende pazzi?
Forse un giorno l'autore, invece che limitarsi a instillare dubbi, arriverà a dare la risposta, entrando nell'Olimpo degli scrittori da ricordare.