domenica 29 maggio 2011

Il figlio del faraone

Se si eccettua la saga di Jack Aubrey scritta da O'Brian di cui leggo un libro all'anno, di solito non amo i romanzi storici. Però ho una passione per l'antico Egitto nata ai tempi della scoperta de "L'archeologo" di Phillips perciò mi sono detta: perché no? e mi sono buttata su "Il figlio della luce", primo di cinque romanzi che narrano la vita di Ramses II. L'autore è un francese di nome Christian Jacq, molto prolifico fin da giovane (è nato nel 1947) ma diventato famoso sulla scena internazionale solo grazie a questo libro, pubblicato nel 1995.
"Il figlio della luce" s'incentra sulla giovinezza di Ramses che, essendo il secondogenito, non avrebbe dovuto succedere al padre. Suo fratello Shenar, tuttavia, non si dimostra all'altezza del compito così il cadetto viene introdotto per tappe, dal severo e misterioso padre Sethi, ai segreti del buon governo.
Lo stile è asciutto, privo di fronzoli, ieratico come la realtà che vuole descrivere.
La narrazione procede per episodi distinti, dei quadri slegati tra loro tanto che sembra che le antiche tavole conservate al museo egizio di Torino prendano improvvisamente vita. Nonostante ciò la lettura procede spedita, anzi, speditissima, tutt'altro che banale. L'autore non spiega come si viveva nell'antico Egitto ma lo narra, senza compiacimenti o stucchevoli descrizioni.
La giovinezza di Ramses è frenetica, costellata da dure prove che lo porteranno a diventare un uomo. Non è solo questione di destino ma anche di volontà: il giovane si rifiuta di condurre una vita agiata e affronta il pericolo senza remore. Che bello! Sembra quasi un romanzo di fantascienza e non storico.
Non mancano divertenti scene con altri protagonisti della storia: Mosè, Elena e Menelao, Omero, tanto per citarne alcuni.
Un applauso all'autore. Non lo innalzerei a divinità ma di sicuro è un sacerdote della scrittura.

mercoledì 11 maggio 2011

Lo zingaro di Maria

E’ difficile riassumere “Come la Madonna arrivò sulla Luna”, che si svolge tra il 1957 e il 1989 in Trasmontania, immaginaria repubblica baltica, dello scrittore tedesco Rolf Bauerdick.
Dentro vi sono: storia, con annesso revisionismo politico; religione; la questione degli zingari; un paio di delitti; un romanzo di formazione; un amore durato trent’anni e tanto divertimento.
Il romanzo offre mille spunti di riflessione ma l’autore riesce sempre a tenere presente da dove ha iniziato e dove vuole andare a finire, e i piccoli flashforward che inserisce qua e là non danno fastidio, anzi, invogliano a proseguire nella lettura delle 470 pagine.
Vale la pena di leggerlo per immergersi nell’atmosfera della Guerra Fredda, dei suoi proclami, dei suoi metodi spicci, delle minacce e dello stato d’insicurezza nel quale ha attanagliato il mondo per anni. E’ meglio non dimenticare.
L’aspetto più interessante, comunque, è costituito dall’intransigente fede mariana con la quale due dei protagonisti interpretano gli eventi mondiali che accadono durante la loro vita, compreso il primo allunaggio degli Americani, dando luogo a una sequela di equivoci esilaranti e di situazioni paradossali che il lettore farà fatica a dimenticare. Mitico l’episodio del telescopio (chi mi conosce sa che mio marito ne possiede uno costato un occhio della testa ma che giace inutilizzato… il telescopio, intendo, e si ricorderà senz’altro del brano di Testamento Tribolacco nel quale parlo di questi aggeggi infernali).
Ho scelto il libro per caso, senza averne letto alcuna recensione, e ne sono rimasta piacevolmente impressionata. ****