"Una piccola storia ignobile", di Alessandro Perissinotto, è un noir che si ambienta tra Bergamo alta e l'hinterland milanese. La protagonista, una psicologa quarantenne e disoccupata, accetta d'investigare sulla personalità di una ragazza italo-francese che ha avuto un incidente stradale. La sorellastra di ques'ultima, una ricca milanese con sensi di colpa, è colei che convince, a furia di assegni, la nostra psicologa a prendersi carico di una terapia così particolare: la francese è morta.
La storia non sarebbe male se l'autore non si fosse messo in testa di tenere d'occhio la protagonista ventiquattr'ore su ventiquattro e di raccontarci, come riempitivo, tutte le sue più insignificanti azioni. Purtroppo la psicologa, separata dal marito, non conduce una vita esaltante. Le sue massime preoccupazioni consistono nel dar da mangiare alla gatta (crocchette o scatoletta? Questo è il dilemma!) e nel far compagnia alla vedova del piano di sotto, andando da lei a farsi offrire un piatto di casoncelli.
Non è che l'ansia del lettore, trovandosi con lei di fronte all'armadio e alla domanda se indossare i soliti jeans, aumenti. E nemmeno il desiderio di continuare nella storia. I giusti momenti di pausa nella movimentata trama di un giallo non devono essere fine a se stessi ma comunicare qualcosa, portare da qualche parte...
Il punto di vista della psicologa appiattisce il romanzo. Sarebbe stato bello se Perissinotto avesse lasciato spazio anche agli altri personaggi, non solo alla nebbia che, invece di creare un'ambientazione minacciosa, con la sua ostinata presenza sembra una parodia di se stessa.
Le altre due storie sulla figura di Anna Pavesi, l'autore mi perdonerà, non rientrano nella lista delle mie prossime letture.
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