lunedì 4 luglio 2011

Due gioiellini

L'ultimo numero di Urania Collezione contiene due romanzi di James White, nord-irlandese: "Vita con gli automi" e "Partenza da zero".
Che differenza con l'ultimo polpettone di fantascienza letto! (vedi tre o quattro post fa).
Nel primo si narra la vita, o meglio, le pause tra un'ibernazione e l'altra, dell'unico uomo sopravvissuto su tutta la Terra a un paio di guerre nucleari. Nonostante il racconto sia conciso, appena centotrenta pagine, la descrizione della sua angoscia esistenziale e dei suoi tentativi per trovare altri superstiti è toccante, come è toccante l'evoluzione del suo rapporto con l'automa-infermiera che ha in carico la sua salute. Tra un risveglio e l'altro passano i secoli. I robot che sono sovravvissuti alla catastrofe nucleare hanno il compito di servire l'ultimo uomo rimasto e, seguendo le sue istruzioni, si moltiplicano (recuperando tutto il metallo possibile) e cominciano a bonificare l'ambiente. Piantano persino dei semi d'erba, unici vegetali ancora in vita, e, con immensi sforzi e dopo un tempo lunghissimo, riescono a ridare alla Terra un aspetto quasi adatto alla vita: cielo limpido, acque azzurre - anche se sterili - campi d'erba su cinque continenti. Purtroppo la fine del sole si avvicina... tutti questi sforzi per tornare alla vita saranno stati inutili? Bello, bello, bello!
Altre riflessioni sugli effetti devastanti delle guerre si trovano in "Partenza da zero", ambientato in un rigoglioso pianeta-prigionia dove alcune centinaia di ufficiali, uomini e donne, abbandonati a se stessi, devono decidere se dimenticare il proprio passato militare e farsi una nuova vita, una famiglia, o se devono tentare il tutto per tutto e fuggire. Anche se hanno a disposizione attrezzi rudimentali e una carenza preoccupante di materie prime adatte a forgiare armi e tute pressurizzate.
Altro romanzo breve che si fa leggere d'un fiato. Anzi, alla fine ero talmente coinvolta che non volevo leggere le ultime pagine per paura che finisse male, cioè che la fuga non riuscisse, anche se in realtà l'autore lascia intendere che l'unico happy end possibile non è quello dei militari che tornano in servizio ma quello dei disertori che abbandonano i fucili e si danno all'agricoltura. Infatti il romanzo non ha vinto nessun premio Hugo o Nebula. Va bene la fantascienza più sfrenata ma il peccato ideologico contro la guerra no!