lunedì 19 aprile 2010

Trasgressione

La raccolta di poesie di Charles Bukowski "The last night of earth poems", tradotto liberamente in "Seduto sul bordo del letto mi finisco una birra nel buio", ha un'ambientazione domestica: il balcone di casa, il baretto dietro l'angolo, un cinema scadente, al massimo l'ippodromo, e dei temi intimi: ricordi di scuola, avventure con le donne, sbornie, scommesse e la morte che ci attende dietro l'angolo. Niente a che fare con la trasgressione di ampio respiro di Kerouac, che se ne andava avanti e indietro per l'America all'inseguimento di chissà quale verità cosmica, nella speranza di trovarla in bettole con musica dal vivo, nella droga, in donne facili e poi ammantando il tutto con un'aura filosofica. Bukowski aveva capito che si può fare gli alternativi anche nel proprio orticello, che la vera trasgressione non consiste nel tentare di carpire il significato del dolore o il volto di Dio ma nel bruciare le pagine della propria esistenza bevendosi una birra e godendosi il rogo attimo per attimo.

lunedì 12 aprile 2010

L'ultimo viaggio

Non avevo mai letto nessun romanzo israeliano e ho iniziato con "Il responsabile delle risorse umane" di Abraham B. Yehoshua, storia della morte accidentale, al mercato, di una dipendente di una grossa fabbrica alimentare, o meglio, di una ex-dipendente. La sua fine scatena una serie di piccoli drammi: quello del responsabile delle risorse umane, appunto, che non si ricorda assolutamente di averle fatto il colloquio di assunzione e non sa dire se fosse bella o meno; quella del capo del turno di notte che, essendosi invaghito di lei, per non cadere in tentazione l'ha "allontanata" ma senza farla licenziare; quella del proprietario, un vecchio malato che teme ripercussioni sull'immagine dell'azienda, dato che le versava ancora lo stipendio quando in realtà lei non era più in servizio.
L'idea di fondo è la seguente: anche le piccole colpe possono avere un potere terribile. E i sensi di colpa, aggiungo io, possono dare inizio a dei viaggi paradossali, al seguito di una bara, durante i quali l'ossessione per la morte che può sorprenderci in qualunque luogo e in qualuinque momento (ma soprattutto in terre martoriate dal terrorismo) diventa quasi necrofilia.
Le ripetizioni e il ritmo lento non sarebbero grandi difetti se il finale non riportasse all'inizio, inanellando la storia in una spirale d'insensatezza, come ammesso dallo stesso autore. Spesso si vive e si muore senza sapere il perché. La scena dell'auto-avvelenamento del protagonista, sebbene esilarante, non è sufficiente ad alleggerire una trama funerea. **