lunedì 12 aprile 2010

L'ultimo viaggio

Non avevo mai letto nessun romanzo israeliano e ho iniziato con "Il responsabile delle risorse umane" di Abraham B. Yehoshua, storia della morte accidentale, al mercato, di una dipendente di una grossa fabbrica alimentare, o meglio, di una ex-dipendente. La sua fine scatena una serie di piccoli drammi: quello del responsabile delle risorse umane, appunto, che non si ricorda assolutamente di averle fatto il colloquio di assunzione e non sa dire se fosse bella o meno; quella del capo del turno di notte che, essendosi invaghito di lei, per non cadere in tentazione l'ha "allontanata" ma senza farla licenziare; quella del proprietario, un vecchio malato che teme ripercussioni sull'immagine dell'azienda, dato che le versava ancora lo stipendio quando in realtà lei non era più in servizio.
L'idea di fondo è la seguente: anche le piccole colpe possono avere un potere terribile. E i sensi di colpa, aggiungo io, possono dare inizio a dei viaggi paradossali, al seguito di una bara, durante i quali l'ossessione per la morte che può sorprenderci in qualunque luogo e in qualuinque momento (ma soprattutto in terre martoriate dal terrorismo) diventa quasi necrofilia.
Le ripetizioni e il ritmo lento non sarebbero grandi difetti se il finale non riportasse all'inizio, inanellando la storia in una spirale d'insensatezza, come ammesso dallo stesso autore. Spesso si vive e si muore senza sapere il perché. La scena dell'auto-avvelenamento del protagonista, sebbene esilarante, non è sufficiente ad alleggerire una trama funerea. **

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