lunedì 1 febbraio 2010

Peste ti colga

Ho cominciato da poco a leggere fantascienza e, premettendo che non sono un'esperta, mi sono appassionata alla SF "umanistica" della saga adolescenziale di Miles Vorgosigan (McMaster); mi è piaciuto il sottofondo antropologico di un paio di opere della Le Guin; ho digerito i tempi prolissi della millenaria esistenza dei robot di Simark, le paludose lotte per la soppravvivenza di Ballard e i ghirigori linguistici frutto d'intelligenze aliene di Delany. Ho capito persino il complicatissimo mondo cyber-punk di Simmons dove i pellegrini, per quanto armati e motivati, alla fine soccombono a maree del tempo iper-tecnologiche e guerresche. Non come i personaggi di Reynolds, che vivono in eterno nonostante accecamenti, tempeste di sabbia, ibernazioni sbagliate, rapimenti, tute spaziali impazzite, armi anti-materia, topi famelici, follia indotta da alieni, pianeti di raccolta dati per lo sterminio intergalattico di tutte le forme di vita intelligenti e... peste. Futuro e passato si mescolano in una space-opera dai contorni "nebulosi".

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