martedì 7 giugno 2011

Fantapizza

Sarà pure l’autrice che ha vinto più premi in assoluto, anche rispetto ai suoi colleghi maschi, ma la Connie Willis de “L’anno del contagio” mi ha deluso parecchio. E non conta il fatto che mi sembrava di conoscere già la storia dato che Crichton con “Timeline”, da cui hanno tratto un filmetto, l’ha copiata di brutto. Ci sono gli stessi elementi: archeologi che stanno scavando un sito medioevale e scoprono la tomba di un cavaliere; un laboratorio di ricerca che ha messo a punto una macchina del tempo; giovani studenti che decidono di tornare in un passato remoto, possibilmente in concomitanza di guerre sanguinose e contagi pestilenziali; poco tempo a disposizione per tornare al futuro e persino i dettagli come il traduttore simultaneo. Ah, Crichton! Perché sei tu, Crichton?
In ogni caso anche l’originale della Willis non è che sia un capolavoro. Ripetizioni continue, personaggi mono-maniacali e chiusi in se stessi (mi rifiuto di pensare che l’umanità sia così!), un tecnico con la febbre che ci mette 300 pagine per riuscire a confessare che ha fatto una cavolata. La traduzione italiana è lunga 570 pagine e francamente almeno 200 sono in più. Non mi dispiace leggere romanzi lunghi ma devono avere un motivo d’essere. Non vorrei fare la generalista ma mi sembra che la prolissità sia un problema soprattutto degli americani. Questo non vuol dire che smetterò di leggerli però da una scrittrice pluripremiata (10 Hugo e 7 Nebula) ci si può aspettare più concisione, tanto non deve dimostrare niente a nessuno. O no?
A onor del vero si è ben documentata sulla peste. Le descrizioni sui suoi effetti sono davvero realistiche e spaventose. Chi si lamenta per un raffreddore non è il caso che si cimenti in letture del genere, potrebbe lasciarci le penne dallo spavento!

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