sabato 23 ottobre 2010

Esterofilia

Due giorni fa sono andata alla presentazione dell'ultimo romanzo giallo di Joe R. Lansdale, autore texano. Memore di quello che aveva affermato McCann a Mantova, e cioè che gli italiani leggono tantissimi libri tradotti (almeno il 40% delle pubblicazioni nel nostro paese è di origine straniera) mentre gli americani leggono quasi esclusivamente roba loro, mi viene da sorridere quando Lansdale dice: "C'è un coraggioso italiano che scrive sulla mafia ma non mi ricordo il suo nome". Saviano, si chiama Saviano.
Però. Gli americani, e non sto parlando di gente comune ma di scrittori, che si suppongono essere anche buoni lettori, non sanno il nome nemmeno di un loro collega italiano contemporaneo. Che tristezza. Si meritano poi la nostra incondizionata ammirazione?
Questa domanda mi porta ad aprire il foglio di excel nel quale ho segnato tutti i libri letti dal 1999, anno successivo alla laurea, da quando mi sono dedicata a ciò che desideravo e non ciò che avrei dovuto desiderare. Risultato: su 178 libri, al primo posto ci sono 52 americani e al secondo 34 italiani.
A volte si leggono gli stranieri per necessità: i migliori romanzi di fantascienza, ad esempio, sono americani. A volte per moda.
L'unico giallo che ho affrontato di Lansdale, tanto celebrato, è "Bad chili", infarcito di umorismo ma anche di violenza e volgarità. Il tema dell'omosessualità domina inconstrastato. E' proprio necessario fondare la propria immagine sulla scurrilità e su argomenti scottanti per diventare famosi?
A volte rimpiango proprio i bei tempi andati, Watson.
Propongo un nuovo slogan: leggiamo a chilometri zero.

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